Articolo di Marta Ghelma, giornalista di viaggio e collaboratrice Tim Travel Tours
Tango solitario nella Puna argentina
Laghi salati, distese di basalto nero, dune di pietra pomice bianche, montagne altissime, lagune dai mille colori, vulcani a forma di piramide, pochi e minuscoli villaggi, il silenzio a perdita d’orecchio. Senza scomodare i classici paragoni con i paesaggi lunari, di Marte o degli altri Pianeti lontani del nostro Sistema Solare, la Puna argentina è semplicemente uno degli scenari naturali più strabilianti (e però facilmente visitabili) che esistano sulla superficie della Terra. Al confine con la Bolivia, il Paraguay e il Cile, questo altopiano (nella lingua indigena puna significa “alto”) situato tra i 3.000 e i 5.000 metri di altitudine nel nord-ovest del Paese tra le tre province di Catamarca, Salta e Jujuy, ti scorre davanti agli occhi come un film che non vorresti mai veder finire dai finestrini del pick-up, lungo le sue interminabili piste deserte dove è molto raro incrociare altri sguardi.
Difficile persino da individuare con esattezza sulle mappe geografiche, la Puna argentina è forse l’ultima frontiera del viaggio “on the road”, un tango solitario sospinto soltanto dal vento, dal sole e da una luce spesso abbagliante, che vale la pena di “ballare” almeno una volta nella vita.
Le meraviglie del NOA
Salta, Purmamarca, Salinas Grandes, Quebrada de Humahuaca, Cierro de Los Siete Colores, Sierra del Hornocal, Iruya, Cachi e Molinos, Cafayate, El Peñon, Cono de Arita e Tolar Grande. Sono davvero tantissimi e molti di più i nomi dei luoghi evocativi da appuntarsi sulle pagine del taccuino di viaggio in un itinerario completo del NOA (come è soprannominato il Nord Ovest Argentino): tutti sorprendenti, ben oltre il potere descrittivo di ogni possibile racconto.
Ci sono i tipici pueblos (villaggi) coloniali andini come Huacalera o Uquia, con le case e le chiesette fatte di adobe (i mattoni di terra cruda), i famosi vigneti piantati in alta quota di Cafayate, le impressionanti distese di cactus giganti emblema del Parco Nazionale Los Cardones, la leggendaria Ruta Nacional 40 o detta anche più semplicemente la “Ruta 40” (la strada più lunga dell’Argentina, oltre 5.000 km), le oniriche colonie di fenicotteri rosa che si specchiano vanesi nella Laguna Grande, le affascinanti e antiche rovine archeologiche di Quilmes a Tucuman, i siti Patrimonio dell’UNESCO o ancora le piantagioni di tabacco nella Valle di Lerma e l’incontro ravvicinato e decisamente “soft” con i branchi di vigogne, lama e guanaco.
L’ingegno dell’uomo e la forza della natura
E poi ci sono le esperienze uniche, come percorrere in sella a una mountain bike le panoramiche strade a zig-zag della Cuesta del Obispo, visitare l’ex miniera di zolfo abbandonata di Mina Julia e il suo vicino villaggio fantasma di Mina Casualidad abbandonato nel 1979, o salire a bordo del mitico Tren a Las Nubes, il Treno delle Nuvole. Inserita dal National Geographic nella top ten delle linee ferroviarie più belle del mondo, la tratta che unisce San Antonio de los Cobres (originariamente la partenza era dalla cittadina di Salta) al viadotto di La Polvorilla, una spettacolare opera d’ingegneria costruita a 4.200 metri sul livello del mare nei primi anni Trenta del secolo scorso, attraversa l’intera Valle de Lerma elargendo inquadrature e “flash” sensazionali sui rilievi montuosi della Cordigliera delle Ande: non a caso è una delle vie ferrate in quota più alte del mondo.
“La Terra è un paradiso. L’inferno è non accorgersene”. È una frase attribuita al grande scrittore e poeta argentino Jorge Luis Borges. Ed è proprio nella Puna argentina, dove la linea di confine tra la terra e il cielo tende a farsi più sottile, che il suo pensiero sembra essere più vero che altrove.
No comment yet, add your voice below!