Articolo di Marta Ghelma.
L’on the road nel Salar de Uyuni in Bolivia, la distesa di sale più grande del mondo, è un viaggio da favola tra deserti d’alta quota, lagune dai mille colori, vulcani, colonie di fenicotteri e nuvole cariche di sogni.
Come in un quadro di Magritte
«Ma in tutta la sua vita il pittore belga René Magritte ci avrà mai messo piede al Salar de Uyuni?» Questa semplice domanda mi sorge spontanea mentre l’otturatore della macchina fotografica si apre e si chiude ininterrottamente per immortalare ogni istante di quel cielo blu gonfio di nuvole bianche che si specchiano identiche a sé stesse nelle pozze d’acqua salata del Salar de Uyuni e letteralmente azzerano la linea dell’orizzonte di fronte al mio obiettivo.
Come nel suo famosissimo quadro “Le Faux Miroir” anche i miraggi e i paesaggi che resteranno a lungo “dipinti” nell’iride degli occhi di chi li osserva, in quest’angolo sudoccidentale della Bolivia mi appaiono a dire poco surreali(sti). D’altronde lo pensava in generale delle cose del mondo anche lo stesso Magritte: «Ed è così che vediamo il mondo: lo vediamo come al di fuori di noi anche se è solo d’una rappresentazione mentale di esso che facciamo esperienza dentro di noi».
Sognare a occhi aperti, giocare con Dio, camminare tra le nuvole e perdere l’orientamento nel tempo e nello spazio, fino quasi a perdersi: queste sono soltanto alcune delle sensazioni che ho condiviso a parole con gli altri viaggiatori incontrati qua e là, girando in lungo e in largo per la salina più estesa del mondo, oltre diecimila chilometri quadrati di superficie che si “allarga” a un’altitudine di 3.653 metri sopra il livello del mare e dove, a confronto, gli esseri umani sembrano minuscoli coriandoli colorati sparsi sulla neve dopo una festa tra bambini a Carnevale.
Una girandola di emozioni al vento
Una realtà che diventa un (bel) sogno a patto che lo si affronti ben equipaggiati e ci si affidi a guide esperte, come Tim Montorfani, perché comunque qui il freddo, il sole e il vento si fanno sentire parecchio e se non siete dei veri “supereroi”, come ad esempio Nico Valsesia e Marco Gazzola che nell’estate del 2012 hanno attraversato il Salar de Uyuni di corsa e senza tappe, o un abitante del pianete Crait (il Salar è stato utilizzato come location per ambientare la scena epica della Grande Battaglia nel film “Star Wars: The Last Jedi”), in questo luogo remoto la tentazione di allontanarsi dalla “pista” per seguire il proprio Bianconiglio potrebbe rivelarsi un pericoloso “buco nel sale”.
Il tour classico, se di classico si può parlare a queste “latitudini”, generalmente parte dalle località di Uyuni o di Tupiza e attraversa gli spot più iconici, in una girandola di emozioni costantemente mossa dal vento: a Isla Incahuasi, una collina formata dai resti di un antico vulcano, si passeggia a zig-zag tra i cactus giganti, alla Cáscara de Huevo ci si diverte a dare i nomi e le forme più curiose ai “disegni” creati sul terreno dal sale cristallizzato, dall’antichissimo villaggio di Coquesa si può partire per la scalata del Volcán Tunupa, nel Deserto di Siloli è un rito immancabile quello di portarsi a casa una foto accanto alla gigantesca formazione naturale chiamata Árbol de Piedra, la spettacolare Laguna Colorada strega chiunque per il colore del lago, tinto di un rosso fuoco, e per le numerose colonie di fenicotteri che vengono a riprodursi qui come anche al Salar de Chalviri. Poi ci sono anche il bacino di geyser del Sol de Mañana, con le sue ipnotiche polle di fango, le fumarole e i vapori sulfurei che si levano a quota 4.850 metri d’altitudine, o le lagune di tutti i colori, dalla Verde alla Celeste e dalla Blanca all’Amarilla, e ancora tutte le altre infinite possibili deviazioni che portano in direzione di San Pedro de Atacama, un affascinante avamposto andino situato nella parte nord-orientale del Cile.
Più surrealista di Magritte, la leggenda locale narra che fu Atahualpa a creare il Salar de Uyuni dal latte che, l’ultimo sovrano dell’Impero Inca, fece sgorgare dal seno di una donna di nome Tunupa. E in questo “bout du monde”, dove la storia si mescola con la leggenda come il cielo si confonde con la terra, la sensazione è proprio quella di vivere una favola.
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