Articolo di Marta Ghelma, giornalista di viaggio e collaboratrice Tim Travel Tours
Ad appena un’ora e venti minuti di volo dal moderno skyline di Fortaleza, São Luís appare come un sogno. Atterrati nella capitale del Maranhão ci si sente inebriati come se nelle sue ricette Dona Flor (suggerita dalla penna di Jorge Amado) si fosse divertita a mescolare gli ingredienti più diversi per creare una specialità composta dalle radici francesi sulle quali la cittadina fu fondata nel 1612, dalla manciata di memorie di quando la governarono gli olandesi dal 1641 al 1645 e dagli azulejos come gli elementi principali che hanno conferito al “tutto” un sapore decisamente portoghese.
Poi mentre una coppia balla il forró, la sonorità tipica del Nord Est brasiliano, dal patio di una casa coloniale del centro storico (iscritto nelle liste dell’Unesco dal 1997) fuoriesce “Não Chore Mais”, la versione di “No Woman, No Cry” cantata da Gilbert Gil che ha contribuito a creare il mito della “Jamaica Brasileira”. Così tra la Vecchia Europa e il Sud America, ora fa capolino anche l’Africa. Non a caso, dopo Rio de Janeiro e Salvador de Bahia, São Luis è la terza colonia afrobrasiliana del Paese e dà il meglio di sé a giugno quando il carnevale popolare Bumba Meu Boi (dal 2019 Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco), con i suoi personaggi umani e animali fantastici, fa rivivere ai viaggiatori un sogno nel sogno.
In 4×4 sulla rotta delle emozioni
Su una jeep 4×4 comincia l’on the road lungo la “Rota das Emoções”, la rotta delle emozioni, inizialmente a Barreirinhas, un villaggio disteso lungo il Rio Preguiça (“pigrizia” in portoghese) che pare messo lì apposta per far sonnecchiare in una delle tante pousada tradizionali, e successivamente dentro il Parco nazionale dei Lençóis Maranhenses, dove si rimane in tema “onirico”. Perché proprio a dei lençóis, “lenzuoli” sempre in portoghese, assomigliano le sue dune di sabbia bianchissima bagnate qua e là dalle pozze di acqua piovana e stese al sole tropicale su un’area naturale protetta di ben 1.550 kmq, lungo 70 km di costa. Difficile cedere alla tentazione di tornare bambini davanti a un deserto che ti invita a fare il bagno (una combinazione abbastanza rara da trovare altrove!) e a rotolare senza paura di cadere e farsi male.
Qui, dove le impronte che lasciano gli uomini se le porta via in un battibaleno il vento, tra gli “abitanti” del cielo si può avvistare anche l’ibis scarlatto, una “fiammata” di colore in mezzo a un universo dipinto di bianco e blu: chi vuole imitarlo può spiccare il volo a bordo di un piccolo aereo privato e ammirare una visione d’insieme del Parco…prima che cali la notte e i Lençóis, per non sentire troppo freddo, si trasformino in una sconfinata trapunta di stelle lasciando i sognatori a bocca aperta.
In barca per scoprire un “tesoro” di biodiversità
Ma Barreirinhas è anche la porta d’accesso per risalire su una lancha a motore il fiume Preguiças e raggiungere, immersi in un quadro paesaggistico verde di palme e mangrovie, il remoto villaggio di pescatori di Atins. Programmando delle soste, con la promessa di abbandonare l’orologio a bordo: a Vassouras per esplorare i Pequenos Lençóis, come gli altri “lenzuoli” ma nella variante in miniatura, a Mandacaru, dove ci si può arrampicare in cima al faro di Preguiças per respirare a pieni polmoni la brezza dell’Oceano Atlantico, e sulla spiaggia di Caburè, l’eden dei kitesurfer provenienti da ogni angolo del mappamondo e di chi si diverte semplicemente a osservarli volteggiare tra cielo e mare.
Il viaggio prosegue verso Paulino Neves, Tutoia e Parnaiba, la cittadina famosa per i suoi appetitosi cangrejos giganti e per il delta dell’omonimo fiume (il Rio Parnaiba), il terzo per la sua estensione (è grande circa 2.700 kmq) dopo i “triangoli” del Nilo e del Mekong. Questo preziosissimo puzzle di biodiversità, formato da più di settanta isole e isolette tra le quali merita una siesta speciale l’Ilha das Canárias, fu scoperto per caso nel XVI secolo dall’esploratore Nicolau de Rezende in seguito all’incidente in cui il portoghese perse per sempre il suo carico d’oro ma vi trovò un nuovo “tesoro”.
Saudade per un luogo dov’è sempre vacanza
Tra vento, mare, sabbia e lagune d’acqua dolce e cristallina come la Lagoa do Paraíso e Lagoa Azul, dove dondolarsi sulle amache allungate in modo sornione a pelo dell’acqua, la “Rota das Emoções” infine punta diritta alla leggendaria località di Jericocoara, “Jeri” come viene chiamata per gli amici. In pochi istanti si entra subito nel mood vacanza e qui anche chi a forza di “macinare” chilometri di deserto si era ormai disabituato ai cliché turistici, si lascia volentieri convincere a fare un giro in dune buggy o a osare una ripida discesa in sandboard dall’alta duna della Pôr do Sol, per poi finire con il restare ipnotizzato dal suono dei tamburi e berimbau che accompagnano le roda de capoeira, dal sole che ogni sera tramonta tra gli applausi degli “spettatori” alla pedra fourada, lo spettacolare arco di roccia raggiungibile in pochi passi dal villaggio di Jericocoara, dal via vai sempre uguale a sé stesso delle jangada, i pescherecci tradizionali, o ancora dai carretti di legno che si aggirano per le sue strade polverose offrendo rinfrescanti caipirinha e caipiroska.
Troppa mondanità? Forse, ma appena ci si dirige mezz’ora più in là, nella tranquilla Preá a trovare un po’ di riposo in una pousada di charme affacciata sull’oceano, ci si ritrova a provare già un pizzico di saudade per la “Rota”.
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